«Perché gli uomini smettono di essere buoni solo quando si pensano soli, quando perdono di vista la luce che sta in tutte le cose, nella pioggia e nel sole, nella terra e nel fiore, e persino nel filo che unisce lo sguardo dell’uomo che uccide e dell’uomo che muore».
(Mio fratello Alessandro, Brunori Sas)
Nell’epoca dei social network, l’unica cosa realmente sociale è la solitudine, declinabile in modi spesso inaspettati. Ogni persona è saldamente incatenata al suo alter-ego in pixel, un sosia digitale di un’umanità cruda che alle virtù sovrappone pollici, cuoricini e follower. Che sia questo il momento della storia in cui l’essere umano smette di essere tale? Stiamo realmente rinunciando alle interazioni fisiche e verbali con gente in carne e ossa?
Secondo gli studi dello psicologo David Ellis della Baylor University, trascorriamo circa un terzo del nostro tempo fissando lo schermo e durante la giornata lo accendiamo in media 85 volte. I dati sono assai allarmanti e ancora di più lo è il fenomeno di alienazione al quale assistiamo ogni giorno. L’informazione istantanea e la divulgazione superficiale inducono a prendere una posizione su tutto: chiunque si schiera da una parte o dall’altra di tutti i conflitti possibili o immaginabili, che si tratti della reale esistenza dell’iperuranio di Platone o che, invece, si disquisisca riguardo all’ultima puntata di C’è Posta Per Te. Si discute in privato e nei commenti, sciorinando informazioni decontestualizzate e non verificate, o si ricorre alla violenza verbale senza nemmeno essere fortemente consapevoli della propria tesi, per un bisogno primordiale di primeggiare nell’eterna competizione a chi si dimostra più social e più al passo coi tempi.
È un discorso controverso: ci si avvale di tecniche comunicative all’avanguardia per esprimere bisogni primitivi ai limiti dell’imbarazzo. Il dialogo, invece, è ricerca, è un atto di pace e tolleranza inizialmente verso l’esterno e poi verso di sé. Dialogare è mettere in discussione e mettersi in discussione. È l’annichilimento dell’io di fronte all’immensità di un cielo stellato del quale si prova a dare una spiegazione non per vincere un dibattito, bensì per compiere un altro passo in un lungo percorso di vita che è tutto un grande punto interrogativo. È la dinamicità di una conoscenza, mai cristallizzata e sempre in movimento, che secondo il filosofo greco Socrate è l’unica reale virtù umana. Nell’era dei social network, però, è più facile giudicare una persona premendo gli spessi tasti untuosi di un computer: è così easy essere bestiali che non ci si sente più nemmeno in colpa.
Non ci sono occhi intensi e lucidi davanti ai quali ogni violenza e convinzione cadono, né i gesti nervosi di chi ha paura della brutalità dirompente dell’ira 2.0… e, a dire il vero, non ci sono carezze, abbracci e parole di conforto neanche per chi, nell’oscurità di una stanzetta, non riesce a distinguere nemmeno il buio della propria anima e sprofonda nel male nello stesso modo in cui costringe le sue vittime a sprofondare nella solitudine. È così per l’8,5% delle persone tra i 9 e i 17 anni che in Italia sono preda della cosiddetta solitudine sociale, e per chi si rende involontariamente complice di questo paradosso diventandone il carnefice. Non per niente, sono sempre più diffusi gruppi di cosiddetti incel (involuntary celibate), cioè di uomini che, per via delle loro insicurezze e delle conseguenti difficoltà a relazionarsi con le donne, sviluppano una misoginia crudele, sì, ma disperata, che cela sofferenza e mancanza d’amore.
Allo stesso modo, sono sempre più numerosi i casi di adolescenti che si riuniscono sul Web e organizzano il loro suicidio, o ragazze che entrano in gruppi in cui, attraverso l’umiliazione e la distorsione della realtà, altre coetanee le inducono a dimagrire quasi fino a scomparire. Forse le giovani in questione pensano di meritarlo davvero e vorrebbero sparire. Non voleva farlo sul serio, invece, la ragazza che in Myanmar aveva pubblicato un sondaggio in cui chiedeva a chi la seguiva se sarebbe stato più opportuno rimanere in vita o suicidarsi. La maggior parte di chi aveva risposto le aveva consigliato di uccidersi e lei ha eseguito.
È raccapricciante che la vita oggi scorra dietro ai tasti, a uno schermo o a un mouse. Ora che siete coraggiosamente giunti e giunte fino a qui, quindi, alzate lo sguardo da queste parole che forse vi puzzano di nostalgia o di ingenuità. Guardate e guardatevi: siate la gente del dià-logos e della parola che non ha paura di cambiare, perché proprio attraverso il confronto riesce ad arricchirsi.